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Ogni angolo di Tursi suscita nel visitatore curiosità e sorpresa. L’antico borgo della Rabatana con i suoi burroni profondi e inaccessibili, è sicuramente uno dei punti di maggiore attrazione. In Piazza Maria Santissima di Anglona si trova la Chiesa dell’Annunziata costruita nel 1400 a ridosso di una chiesetta del 1300, oggi sacrestia. La cattedrale ha perso il suo stile originario in seguito ad uno spaventoso incendio (1988) che devastò totalmente l’intero edificio. All’interno la struttura presenta una pianta a croce latina a tre navate con tre porte d’ingresso nella facciata principale e una serie di altari in marmo. Lungo la navata centrale si può notare un sotto in legno a cassettoni. Nella stessa
Piazza sono visibili i resti del Castello Gotico che, in base ad alcune documentazioni del cinquecento, pare sia stato abitato no al XVI secolo. Dimora di numerosi signori, principi e marchesi, durante i periodi di guerra il maniero ha rappresentato, però, una vera e propria fortezza. Attraversando le vie del centro storico si giunge in Piazza Plebiscito, dove è ubicata la Chiesa dedicata al Santo Patrono San Filippo Neri, di stile barocco, datata 1661. Conserva pregevoli pitture, tra cui un quadro del Santo protettore arma del pittore tursitano Domenico Simeone Oliva.
Albino Pierro nasce a Tursi il 19 novembre 1916. La sua infanzia è segnata dalla prematura scomparsa della madre, morta quando aveva solo pochi mesi di vita. La gura materna e il paese natale sono i pilastri della poetica pierriana. Il padre Salvatore si risposa mentre Albino viene adato alle cure delle zie Assunta e Giuditta, due gure che compaiono nei versi del poeta maturo. Dopo gli anni di studio, nel 1939 si stabilisce denitivamente a Roma dove si laurea in filosofia a nel 1944, insegna in alcuni licei e collabora con le riviste «Rassegna Nazionale» e «Il Balilla». Dal 1946 al 1967 Pierro pubblica raccolte poetiche in lingua, ma è con i versi in dialetto che si conquista un posto d'onore nel panorama della poesia italiana del Novecento. La prima raccolta poetica in Tursitano risale al 1960 “A terra d'u ricorde”. Nei suoi versi si colgono gli stati d'animo del poeta, volutamente ricondotti a una dimensione elementare e primitiva. I suoi i versi cominciano ad essere tradotti in francese, inglese, tedesco, svedese, persiano, arabo, neo-greco, portoghese e spagnolo. Negli anni Ottanta arrivarono i primi riconoscimenti uciali e si aprono le porte dell’Università di Stoccolma (1985) dove viene invitato a leggere poesie. Nel 1992 l'Università degli Studi della Basilicata gli conferisce la laurea honoris causa. L’anno successivo la Scuola Normale Superiore di Pisa organizza un incontro con il poeta. Più volte Pierro si avvicina alla vittoria del Nobel, un riconoscimento atteso, ma mancato. Muore a Roma il 23 marzo 1995. Nel centro storico di Tursi, nel quartiere San Filippo, si trova la Casa Museo “Albino Pierro”. La struttura è su più livelli: da via Giuseppe Garibaldi si accede al Museo della Poesia Pierriana che conserva dipinti, poesie, oggetti e cimeli delle opere; da corso Umberto I si accede alla Pinacoteca, esposizione permanente di alcune opere d'arte realizzate da numerosi artisti lucani nel decennale della morte. Nella Casa Museo si trovano le sale “Rocco Brancati”, “Felice Di Nubila” e “Studio Albino Pierro”. È quindi quasi naturale la fondazione del Parco Letterario
Albino Pierro, gestito dal Centro Studi, per promuoverne la memoria e le opere, il suo valore storico e culturale. patrimonio culturale, e la sopravvivenza stessa del dialetto, con l'organizzazione di eventi di alto livello, apposite manifestazioni e visite guidate.
La tradizione culinaria di Tursi trae ispirazione dalla cucina contadina di un tempo, proponendo sempre stuzzicanti varianti.
Molto diusi sono il cosiddetto “cotto di chi”, una deliziosa composta da utilizzare in ricette diverse, e “i gileppi” con le arance “stacce”, una squisita marmellata di bucce di arancia realizzata con questa tipologia di agrume. Il nome di questa arancia deriva dalla sua particolare forma schiacciata simile alle “stacce”, bocce di pietra di un antico gioco. Questo frutto matura nel mese di marzo ma può rimanere sugli alberi no ad agosto. La sua buccia è spessa e soce, la polpa è senza semi e il sapore è squisito. Nel 2007 è stato creato il Consorzio per la Tutela e Valorizzazione dell’Arancia Staccia di Tursi e Montalbano Jonico per richiedere la tutela ed il riconoscimento comunitario della D.O.P. L’arancia è giunta in questo territorio grazie ai saraceni che arrivarono a Tursi nel IX sec e si insediarono nella parte alta del borgo, nella zona araba “Rabatana”. Ancora oggi nel dialetto locale l’arancia viene chiamata “portual”, nome di chiara origine araba. Una leggenda narra che i Saraceni avevano l’abitudine di mangiare l’arancia staccia sbucciata, tagliata a fette, coperta da cannella e cipolla, inne condita con un lo d’olio. Le bucce venivano raccolte e bollite con lo zucchero. Lo sciroppo preparato, chiamato “giuleppo” veniva utilizzato dai Tursiani per condire le costolette di maiale fritte nel lardo. Prodotto locale è poi il fungo cardoncello, cucinato in svariati modi o mangiato anche crudo con ricotta dura, limoni e l’olio d’oliva delle Murge materane. Tra le ricette tradizionali spiccano: cardi al cacio e uova, legati alla ricorrenza del Lunedì dell’Angelo, “i pirc’dduzz”, pasta di casa a tocchetti condita con il vino cotto, i fusilli con la mollica di pane fritto e la capriata, un minestrone composto da una varietà di legumi e patate. Da non dimenticare la pasta casereccia e il pane cotto nel forno a legna proposto in diverse forme: “a pitta”, una specie di ruota piana, e “u piccillète”, una sorta di ciambellone bianco, tra le focacce troviamo anche “a caccallèt” che può essere dolce, con l’uva sultanina, o salata. Non manca del buon vino come il Matera DOC.
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